Su un percorso di riavvicinamento tra saperi e sensibilità ritenuti, soprattutto dall’opinione comune, scarsamente conciliabili, che si muove la ricerca di Laura Garavaglia. Poetessa, collaboratrice giornalistica e animatrice culturale (ha fondato e presiede a tutt’oggi “La Casa della Poesia di Como”). In Numeri e stelle, è la scienza a occupare il posto centrale, la matematica, ovvero la speculazione umana più disincarnata. Ogni poesia della raccolta corrisponde a un ritratto, e questo è preceduto nel titolo dall’indicazione della scoperta o, meglio, della ‘rottura epistemologica’ grazie alla quale il personaggio in causa raggiunse la celebrità. Ad esempio, per Fibonacci, si richiamano i suoi numerosi viaggi in Oriente nel segno, per così dire, dell’ecumenismo matematico. Opportuno l’accenno alla sua familiarità con quell’illuminato sovrano che fu, nel Duecento, Federico II, teso a costruire un ponte culturale tra Europa e Asia, e a coordinare, intuendo precocemente i fasti interdisciplinari, filosofia e diritto, poesia e scienza. Il padre della matematica, Pitagora di Samo, è circonfuso da un’aura primigenia, precedente la rottura dell’unità del conoscere, in virtù della quale la scienza dei numeri faceva una sola cosa con la cosmologia e la musica (“numeri e note / uniti nella luce”): la musica delle sfere. Garavaglia non fa che tradurre in immagine poetica il mito di Pitagora, trasmessoci dall’antichità, secondo cui egli dedusse le leggi matematiche dall’armonia dei colpi di quattro martelli sull’incudine. È in quest’ordine d’idee che potremo apprezzare la metafora personificata scelta per definire Évariste Galois: “Eri il Rimbaud dei numeri”. I numeri formano un corpo sonoro, mentre la poesia – musicale in sé – dà vita a un inesauribile reticolo di cifre, algoritmi, simmetrie e proporzioni. Ricordiamo Novalis: “Meravigliosità della matematica. Essa è una delle principali prove della simpatia e identità della natura e dell’animo”.

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