Il Presidio di Alberobello, in collaborazione con l’Associazione culturale 1797 2.0, continua il suo viaggio sulla rotta inaugurata con l’incontro con Giovanni Impastato nell’ambito del progetto ComunicAzione. Un’occasione per riflettere sull’esser padri, sull’esser figli e sull’esser stati figli. Un dialogo con sé stessi per ricucire quel distacco che spesso pare irreparabile. E che invece si risolverebbe con un fermare gli occhi negli occhi di chi ci è più vicino: tra chi ha dato la vita e chi la vita ha ricevuto. In un abbraccio tra persone che darebbero la vita l’una per l’altra.

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Gianrico Carofiglio è una delle firme più floride degli ultimi tempi. Dopo il successo de “L’estate fredda”, l’autore di “Passeggeri notturni” presenta ad Alberobello il suo ultimo lavoro, “Le tre del mattino”, un incontro scontro tra due generazioni, un padre e un figlio messi alle strette da una malattia che, seppur inizialmente fisica, nel folto delle pagine pian piano si mostra come un malessere interiore profondo, in cui i non detto e le occasioni mancate e vissute a metà, ricongiungono un padre ad un figlio prima del lutto. Carofiglio si interroga sull’adolescenza e lo fa con linguaggio nuovo, semplice fino all’inverosimile, verace della quotidianità di una famiglia squassata da un divorzio che ha seminato colpe ovunque, nascondendo ai protagonisti della storia i tratti veri del loro carattere. Un viaggio a Marsiglia in una due giorni da svegli consenzienti, accompagna il ragazzo e il professore universitaria nei meandri di una città a loro ignota, misteriosa negli anfratti della vita del porto, che li porta a incontri strampalati con le loro esistenze. Un figlio che scopre un padre dilaniato dal fumo, un fumo nervoso e meccanico che di colpo lo blocca nel confessarsi, nell’aprirsi in un’eguaglianza filiale che è intima, sanguigna. Un figlio orgoglioso di un padre al pianoforte, di un padre che parla il francese quasi fosse la sua madre lingue, di un padre che si racconta nella corte alla madre, l’unica donna che abbia amato davvero.

Un libro che fa riflettere non soltanto dal punto di vista formale – Carofiglio ha ingaggiato un duello inconsapevole con un Fitzgerald d’annata e di cui forse è riuscito anche ad aver la meglio – ma anche dal punto di vista prettamente contenutistico. Un libro che parla ai giovani rintanati da sempre nelle loro incertezze, nelle loro paure, nelle loro ricorrenti crisi d’identità che li portano quasi a non sentirsi degni d’esser venuti al mondo. Pagine e pagine che scorrono rapide come i passi di una passeggiata notturna fatta con uno sconosciuto al quale, alla fine, si riesce a dare finalmente del tu, rimproverandolo amichevolmente e con una punta di rabbiosa cura per la persona al conteggio delle cicche lasciate per strada.

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