Il Maggio dei Libri di Cremeria Letteraria – Presidio di Lucera prosegue all’insegna dell’impegno civile con Cecilia Strada per presentare il libro La Guerra tra noi (Rizzoli).

conversa con l’autrice
Raffaella Gambarelli

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Cecilia Strada, figlia di Gino e di Teresa Sarti, è nata nel 1979 a Milano. Ha studiato Sociologia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e da sempre si occupa di promuovere una cultura di pace e rispetto dei diritti umani. Per otto anni è stata presidente di Emergency, organizzazione non governativa italiana che fornisce assistenza gratuita alle vittime di guerra, delle mine antiuomo e della povertà. E in questo suo libro si parte ovviamente dall’impegno nell’accoglienza ai migranti, molti dei quali, racconta Cecilia Strada, prima di sbarcare, si mettono il vestito buono “per presentarsi nel modo migliore alla fine del viaggio, al Paese che li accoglie.” Facce come questa l’autrice però le ha già incontrate “a casa loro”, in Afghanistan, in Sudan, in Iraq; ha visto troppe ferite per non immaginare il peggio dietro gli occhi persi nel vuoto di donne e uomini sopravvissuti a malapena sulle navi di soccorso. Tutta l’informazione parla di emergenza migranti, ma a che serve dare la colpa del nostro impoverimento a chi fugge dalle bombe o dalla miseria? Dalla lunga estate del G8 di Genova e delle Torri gemelle sono passati oltre quindici anni di guerra. Oggi guardiamo a Parigi, a Londra, a Barcellona, e siamo tutti più terrorizzati, nonostante l’impegno e i soldi investiti per la nostra sicurezza. Che cosa è andato storto? Cecilia Strada cerca le risposte nelle storie che lei stessa ha vissuto in prima in persona. Ne uccide più la guerra o la corruzione, in Afghanistan come in Italia? Che cosa collega le nostre tasse a un vigile urbano in Afghanistan che viene ricoverato sette volte per ferite da arma da fuoco? Chi ci guadagna a testare nuove armi in terra sarda e quanto invece costa ai cittadini che pagano il conto in salute? Infine, cos’è la sicurezza che desideriamo tutti, italiani e iracheni? La si potrà ottenere con altra guerra? Ed è ragionevole immaginare che il sistema della guerra possa essere mutato proprio da coloro che ne traggono vantaggio? A tutte queste domande abbiamo il dovere di rispondere ognuno in prima persona e senza ipocrisie o facili demagogie.

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